giovedì 24 dicembre 2009

Le proposte del PD per l'ambiente e la green economy



L’economia verde è l’unica leva di sviluppo dell’economia occidentale che consente di lasciare un mondo vivibile alle generazioni future e costruire la futura crescita assumendo il vincolo delle risorse ambientali e la qualità come criterio fondamentale.

Queste alcune delle azioni fondamentali:
1. Efficienza energetica:
Risparmiare energia con la riqualificazione delle abitazioni e degli edifici privati e pubblici, con la sostituzione delle auto e degli elettrodomestici più inquinanti:
In particolare:
Rendere permanenti ed estendere le agevolazioni fiscali del 55% per gli interventi di efficienza energetica delle abitazioni e degli edifici privati. Avviare un piano straordinario di riqualificazione per gli edifici pubblici (scuole e ospedali in testa), con l’istituzione di un fondo di rotazione di 100 milioni di euro all’anno, per l’efficienza energetica e la messa in sicurezza. Definire una data per nuovi edifici residenziali a “emissioni zero”.
Ecoincentivi per la rottamazione vincolati ad auto a basse emissioni e bassi consumi.
Ecoincentivi per l’acquisto di frigoriferi e congelatori a basso consumo e per prevedere l'ampliamento a lavatrici e lavastoviglie ad alta efficienza energetica delle tipologie di elettrodomestici che possono usufruire delle detrazioni; blocco graduato delle vendite per gli apparecchi fuori da classe A e da classe A + per i frigoriferi.

2. Fonti rinnovabili:
Raddoppiare nei prossimi dieci anni l’energia prodotta dalle fonti rinnovabili. Costruire un’industria nazionale del settore e promuovere nuove imprese che producano impianti, tecnologie, pannelli solari, nuovi materiali per l’edilizia, ecc.
La soluzione non è in un ritorno al nucleare a questo stadio di tecnologia: costi elevati, tempi molto lunghi, problemi legati allo smaltimento delle scorie radioattive.

3. Trasporto pubblico:
Favorire investimenti pubblici per il rinnovo del parco mezzi con acquisto di autobus a metano. Avviare un piano di 1.000 treni per i pendolari, con 300 milioni di euro all’anno per cinque anni. Prevedere incentivi fiscali attraverso i quali i datori di lavori possano fornire ai loro dipendenti i “ticket-transport”, dei buoni di trasporto, (su modello dei buoni pasto), esclusivamente per il tragitto casa-lavoro, su mezzi collettivi e mezzi pubblici.

4. Ricerca:
Sostegno alla ricerca e all’innovazione dell’industria automobilistica per le auto ecologiche del futuro. Ripristinare il credito d’imposta per la ricerca come base di un’economia che punta sull’innovazione, sulla conoscenza e sulla qualità legata all’ambiente. Proseguire il lavoro avviato con Industria 2015.

5. Territorio, turismo, agricoltura di qualità:
Favorire le imprese e le economie che si basano sul nostro straordinario patrimonio ambientale e storico-culturale e puntano sul turismo di qualità, sui prodotti agricoli legati al territorio, alla manifattura italiana. Difendere e promuovere il made in Italy nel mondo. Ripristinare i fondi per la difesa del suolo dimezzati dal governo (dai 510 milioni di euro del 2008 ai 269 milioni del 2009, per arrivare nel 2011 a 93 milioni).

6. Rifiuti:
Incentivare il riciclo dei rifiuti e l’industria ad esso collegata: un incremento del 15% in dieci anni rispetto ai livelli attuali rappresenterebbe il 18% dell’obiettivo nazionale di riduzione delle emissioni di CO2. e significherebbe far scendere i consumi energetici di 5 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio.

7. Regole e procedure semplici e certe:
Rendere più semplici le procedure delle autorizzazioni per gli impianti che utilizzino fonti rinnovabili e garantiscano risparmio energetico. Le Regioni completino entro il 2010 i loro piani energetici per il rispetto del “20-20-20”. I Comuni, sempre nell’arco di quest’anno, adeguino i propri regolamenti edilizi e urbanistici, affinché tutte le nuove costruzioni rispettino gli obblighi di legge per la produzione di calore e di energia elettrica.

8. Infrastrutture
Allentare il patto di stabilità per i Comuni per aprire subito i cantieri per piccole e medie opere di riqualificazione del territorio e delle città, per la manutenzione di scuole, ferrovie e strade.

Scegliere per l’Italia la via della green economy con un grande piano di riconversione ambientale è una priorità anche per sostenere e rilanciare l’economia. Attraverso la via della green economy si coinvolgono, fra nuovi lavori e riqualificazione di quelli esistenti, un milione di posti di lavoro nei prossimi cinque anni.


Ignazio Marino a Castelfranco

sabato 12 dicembre 2009

Relazione all’Assemblea regionale di Rosanna Filippin

12 dicembre 2009 - Padova

Relazione all’Assemblea regionale
di Rosanna Filippin*

Voglio per prima cosa salutarvi tutti.
Salutarvi e ringraziarvi per il lavoro di questa giornata, che consegna al Partito Democratico del Veneto i suoi nuovi organismi dirigenti. Da oggi siamo pronti per tornare al lavoro: con un team rinnovato, con una squadra coesa e con organismi dirigenti più snelli ed efficienti.
Ora dobbiamo affrontare i tempi politici che stiamo vivendo: la fase politica che attraversiamo in Italia. Ma sopratutto gli appuntamenti che ci aspettano nel Veneto. Abbiamo di fronte scadenze decisive e incalzanti. Ovviamente parlo delle elezioni regionali. Che in ogni caso, in Veneto, segneranno la fine di un ciclo politico e l’inizio di uno nuovo. Quale ciclo politico si chiuderà il 28 marzo, ormai, è chiaro a tutti: quello segnato, nel bene e nel male, dalla personalità di Giancarlo Galan. Quale ciclo politico si aprirà il giorno dopo, invece, dipende da alcune scelte. Quelle che faranno gli elettori veneti, ma anche quelle che sapremo fare noi.
Il Veneto è di fronte a un bivio. Può scegliere la strada della Lega: il federalismo delle parole, la chiusura verso il mondo esterno, la ricerca continua di un nemico da attaccare: un giorno gli stranieri, il giorno dopo la Chiesa, il giorno dopo ancora i sindaci.
Oppure può scegliere una strada nettamente alternativa, fatta di soluzioni adatte ai tempi della crisi, ma anche più fedeli all’identità del Veneto: che si basa sul valore del lavoro, sull’etica della responsabilità e del merito, sullo spirito della solidarietà, sul coraggio dell’innovazione, sull’apertura al mondo.
In qualsiasi caso, il Veneto è sulla soglia di un cambiamento profondo. Noi possiamo esserne i testimoni passivi, oppure i protagonisti, insieme a chi accetta la sfida di aprire una stagione nuova. Il finale di questa storia è ancora tutto da scrivere. E dipende dalle nostre scelte.
Noi abbiamo un ruolo. Perché siamo la principale forza alternativa alla destra. E quindi abbiamo anche una responsabilità. Serve chiarezza verso i veneti. Dobbiamo dire, e dobbiamo farlo rapidamente, quale progetto abbiamo in testa per la nostra regione. Serve responsabilità verso le nuove generazioni. Perché bisogna superare la crisi di oggi, ma anche costruire progetti con un’efficacia che duri nel tempo. E infine serve il coraggio: il coraggio di osare e anche di percorrere strade nuove, se utili al bene del Veneto.
Dopo il 25 ottobre, è chiaro a tutti che il Pd non può essere la stampella di nessuno. Ma alle regionali vogliamo esserci da protagonisti, e se La lega parlerà alla pancia degli elettori, noi dobbiamo usare il cuore, ma anche il cervello. E allora su quello che dobbiamo proporre al Veneto vorrei spendere qualche parola.

La nostra regione vive una situazione difficile. Il dato di partenza è senza dubbio la crisi economica:
- Un calo nel Pil come non si è mai registrato dal dopoguerra ad oggi
- 120 mila posti di lavoro persi nel 2009
- Un indebitamento crescente delle imprese e delle famiglie

Gli effetti sociali sono inevitabili e pesanti. Per i lavoratori e per le loro famiglie. E non solo. Nessuno, dieci anni fa, avrebbe pensato alla classe media o alle partite iva come ad un soggetto a rischio eppure oggi è questo che abbiamo sotto gli occhi in queste condizioni, le tensioni e le difficoltà dell’integrazione sono ovviamente destinate a crescere, a farsi più acute. E a chiudere il quadro, c’è la difficoltà delle finanze pubbliche locali: i comuni, che sono la prima trincea nella risposta alla crisi, sono soffocati da un patto di stabilità iniquo. E da un governo federalista a parole e sordo nei fatti alle loro esigenze. E pure le regioni subiscono il taglieggiamento del governo. E diventa ogni giorno più difficile fronteggiare con lungimiranza l’investimento su bisogni sociali essenziali: scuola, sanità, protezione dell’ambiente.
Con la crisi, abbiamo tutti qualche sicurezza in meno. Quando una comunità vive momenti come questo o unisce le forze e supera le difficoltà, oppure è condannata ad esserne travolta. La soluzione della Lega è sbagliata per questo, un giorno promette un federalismo che non arriva mai, un giorno se la prende con gli stranieri, un giorno sembra che la priorità sia il dialetto a scuola, il giorno dopo ancora il vescovo di Milano sembra un pericoloso sovversivo.
Ma non basta individuare un nemico al giorno per superare la crisi. Quando i problemi esistono, non basta negarli, né scegliere capri espiatori di comodo. Se è vero, com’è vero, che la concretezza è una caratteristica dei veneti, allora quella leghista è la proposta politica meno fedele al Veneto che ci sia in campo.
Noi dobbiamo proporre qualcosa di diverso. Un confronto sul programma per il governo del Veneto è già stato avviato con le forze del centrosinistra. Si tratta di un lavoro importante, perché l’esperienza comune di anni di opposizione al centrodestra ha creato una coesione di fondo, una sintonia di valori e di progetto. Oggi, insieme ai nostri alleati, noi non siamo più solo l’opposizione alla Giunta Galan. Siamo l’alternativa al progetto leghista.

In un’agenda per il futuro del Veneto devono trovare necessariamente spazio numerose azioni di governo. Io però vorrei concentrarmi su tre priorità. Tre punti fermi di cui il Pd deve farsi garante. Tre discriminanti da cui partire anche per condividere questo progetto con altre forze politiche.
La prima priorità è ripartire dal lavoro. L’identità del Veneto si basa sul lavoro. E per questo è in pericolo.
Perché se va in crisi la spina dorsale del nostro sistema produttivo, quella delle piccole e medie imprese manifatturiere, è tutta la nostra regione a risentirne.

Occorre tamponare l’emergenza:
- Con un piano di piccole opere nei comuni da cantierare rapidamente, per rilanciare l’economia locale
- Ma anche con stanziamenti più decisi da parte della Regione.
- Gli strumenti già esistenti vanno potenziati. La Regione può mettere a disposizione risorse: per sostenere la Cassa Integrazione, ma anche per finanziare linee di credito verso le imprese in difficoltà.
- La Regione deve anche tutelare quei lavoratori su cui incombe lo spettro della chiusura degli stabilimenti. Anche facendosi valere di più col Governo di Roma.
- Ma altri strumenti di protezione vanno inventati ed estesi a chi ne è privo. Giovani precari, ma anche le partite iva colpite dalla crisi.

Serve un welfare moderno, se non vogliamo che la crisi scarichi i suoi costi sulle famiglie. La prima difesa della famiglia, per chi crede nella sua centralità, è proprio questa. Ma al di là dell’emergenza, è un diverso e più solido modello di sviluppo che va costruito. Insieme al mondo produttivo, non contro di esso.
- C’è una storia della nostra regione che non può essere abbandonata. È la storia del nostro tessuto industriale. Questo è il motore della nostra ricchezza. Che non può essere sostituito da servizi a basso valore aggiunto o dalla moltiplicazione di qualche centro commerciale.
- Oggi l’impresa esprime delle domande diverse da quelle del passato. Ha bisogno del supporto di servizi infrastrutturali efficienti, di un terziario di qualità. Questo richiede un dialogo maggiore e più stretto tra impresa e università e tra le diverse università del Veneto. Un Politecnico Veneto, che sia polmone di ricerca e formazione per una delle aree a maggiore concentrazione di industria e innovazione d’Europa.

Anche le nostre Pmi hanno delle sfide da raccogliere. La prima è quella del consolidamento: sotto il profilo delle dimensioni, ma anche della capitalizzazione. Anche qui, la Regione deve riprendere un ruolo, a partire dagli strumenti esistenti, come Veneto Sviluppo, che in questi anni sono rimasti paralizzati dalle divisioni interne al centrodestra.
La seconda è quella dell’innovazione. In un’economia globalizzata, non si regge a lungo se non si fa uno scatto di qualità verso fasce produttive a maggior valore aggiunto. Oggi uno scatto da fare è quello verso l’economia verde. Perché il business del futuro è quello del risparmio energetico, delle fonti alternative, della ricerca verso forme più equilibrate di consumo del territorio.
Un territorio che va valorizzato e difeso. Anche come capitale per il nostro turismo. Guai a chi pensa di poterlo saccheggiare, una volta passate le elezioni, collocando in una delle aree più delicate del nostro ambiente nientemeno che una centrale nucleare.

E su questo voglio dire una cosa a Giancarlo Galan: non si governa con i comunicati stampa, ma con gli atti amministrativi. Se è contrario al nucleare si attivi velocemente come hanno fatto altri presidenti di Regione. Non si può dire un giorno che sì, nel Polesine può starci bene una centrale e poi, solo per opportunismo elettorale, dire che no, che il Veneto non è il posto giusto. Ci vuole coerenza. E rispetto per i territori. Quello che a questo governo e a questa giunta regionale, purtroppo, è mancato troppe volte. Come abbiamo visto anche con la legge sull’acqua, un’intrusione pericolosa del governo nell’autonomia gestionale degli enti locali.
E lo stesso vale per il nostro valoroso ministro dell’Agricoltura, Luca Zaia. È contrario al nucleare in Veneto? Usi il suo peso come ministro veneto, se quel ruolo vale qualcosa.

La seconda priorità, io credo, è quella di costruire un pacchetto convivenza. Senza meccanismi efficienti di convivenza, una comunità non sta in piedi. La convivenza richiede regole chiare e condivise, rispetto tra le parti, spirito di appartenenza ad un destino comune.
Serve un pacchetto convivenza per tenere in equilibrio i bisogni delle fasce più anziane della popolazione, destinati a crescere, con quelli delle nuove generazioni. E qui il ritardo della Regione è grave. Pesa l’assenza di un Piano socio sanitario regionale. E pesa l’approccio lottizzatorio al mondo stesso della sanità. Dove la fedeltà politica prevale a volte persino sulla competenza.
Serve un cambio di rotta. Con una razionalizzazione della spesa, certamente, ma anche con una diversa filosofia di fondo: la salute, così come l’istruzione, è un bene pubblico che non può essere affidato al mercato. E nemmeno all’appropriazione partitica.
E sopratutto la salute è un diritto universale. Sbaglia chi propone di vincolare le risorse per l’assistenza a criteri come la residenza. Ed è stata sacrosanta la battaglia combattuta per impedire che questo accadesse sul fondo per la non autosufficienza. Una vittoria dei nostri consiglieri regionali. E un esempio di come, sui temi concreti, le convergenze possono essere anche politicamente insolite.
Ma la sfida della convivenza, in una regione che ha visto moltiplicarsi la presenza di stranieri in pochissimi anni, è anche quella del rapporto tra vecchi e nuovi veneti. Serve un patto di cittadinanza: accoglienza di chi arriva tra noi, rispetto delle diversità, solidarietà verso chi ha bisogno. Ma allo stesso tempo, chiarezza sulle regole, coraggio sui diritti e fermezza sui doveri.
Ormai sono maturi i tempi per una legge sulla cittadinanza basata sullo ius solii. Così come sono maturi i tempi per estendere il diritto di voto agli stranieri nelle elezioni amministrative. Chi lavora da noi, pagando le tasse, ha il diritto di poter incidere sulla rappresentanza. Un Veneto che chiudesse gli occhi di fronte a questi problemi, sarebbe condannato a subirli, anziché risolverli.

Infine, c’è un terzo punto fermo di cui dobbiamo essere garanti. È quello del federalismo. Noi dobbiamo essere promotori di un federalismo diverso da quello della Lega. Un federalismo di fatti e non di parole. Un federalismo del merito e delle responsabilità. Non uso queste parole a caso. Se in questi anni la spesa del governo centrale fosse stata contenuta come hanno fatto i Comuni con la loro, l’Italia non avrebbe aumentato come invece ha fatto il suo debito pubblico.
I Comuni sono stati in questi anni una trincea di rigore e di responsabilità. Ma oggi, continuare a penalizzarli come sta facendo il governo di Bossi e Berlusconi, è il modo migliore per aggravare la solitudine di imprese, famiglie e individui bisognosi. Dobbiamo essere vicini ai Sindaci della nostra regione, anche quelli di colore politico diverso dal nostro. Quando per l’ennesima volta il Comune di Roma premiato con finanziamenti a pioggia, viene da chiedersi se non abbia ragione chi chiede che il Veneto sia trasformato in una regione a statuto speciale.
Voglio esprimere la mia solidarietà, a nome del Pd, ai Sindaci che sono scesi a Roma due giorni fa. E tutto il mio dissenso verso il comportamento adottato dal presidente dell’Anci Veneto Dal Negro. Che dovrebbe farsi carico delle domande dei comuni, non degli ordini della sua scuderia di partito. La Regione Veneto dovrebbe sostenere i suoi Sindaci con più forza. E combattere insieme a loro la battaglia per un federalismo del merito. Rispettoso delle differenze. Anche all’interno della nostra Regione, dove un’attenzione speciale dovrà essere data alle zone di confine e di montagna.

La trincea di ogni nuova politica è sul territorio.
È lì che si costruiscono le risposte alla crisi economica e sociale. È lì che si sperimentano le forme efficaci della convivenza. È lì che si costruiscono le strategie per uno sviluppo duraturo. È lì che si costruiscono le azioni per ridurre i consumi energetici, promuovere le fonti alternative, incentivare le filiere dell’economia verde, potranno esserci mille vertici di Copenaghen, ma tocca ad ogni singola persona, ad ogni singolo comune, ad ogni singola provincia, ad ogni singola regione, fare da subito la propria parte.


Crisi economica, convivenza, federalismo. Sono tre fronti su cui il Veneto è di fronte a un bivio.
È su questi temi che si decide da che parte si sta. Ed è su queste priorità che siamo pronti a dialogare. Con chi ci sta. Non cerchiamo alleati da annettere, né partner subalterni. Cerchiamo forze pronte a condividere una sfida. E a diventarne protagonisti. Con pari dignità. Con chi condivide le nostre discriminanti sui temi della crisi, della solidarietà e del federalismo, siamo pronti a discutere. Anche sui meccanismi di scelta di un candidato. Noi abbiamo un metodo ce l’abbiamo: è quello delle primarie. La nostra carta d’identità, di cui siamo giustamente orgogliosi. E che credo andrebbe usato per un’ampia consultazione dei nostri iscritti sulla composizione delle liste per le regionali Ma sappiamo che quando si costruisce una coalizione, è la squadra che sceglie. Quindi la decisione non spetta solo a noi.
Molto è stato detto e scritto, in questi giorni, sul nostro rapporto con l’Udc. Anche su questo, è necessaria una parola di chiarezza. Sappiamo bene che, su temi per noi importanti, come quelli della solidarietà e del welfare, con l’Udc c’è una sintonia di sensibilità e a volte anche di valori.
Valori e sensibilità che non hanno spazio nel modello di Veneto pensato dalla Lega.
Un modello che sfiora il razzismo e che non stenta a strumentalizzare i simboli della fede, salvo poi attaccare i pastori della Chiesa cattolica, violando l’autonomia del loro magistero. In tempi difficili per la vita della nostra nazione, don Sturzo aveva rivolto il suo appello ai liberi e forti. Il coraggio di quell’appello serve anche in questa fase. Credo di non sbagliarmi a dire che l’Udc ne è consapevole.
Perché oggi ognuno ha la responsabilità delle sue scelte. E dipende anche dall’Udc se il Veneto sarà consegnato alla Lega. Noi siamo pronti a fare la nostra parte. Insieme a chi sarà pronto a fare altrettanto. Il Veneto non merita nulla di meno che questo.

*segretario regionale del Partito Democratico Veneto

mercoledì 18 novembre 2009

5 dicembre: Emergenza sociale ed economica

Seminario provinciale del Partito democratico - Treviso. Emergenza sociale ed economica: Quali iniziative delle Comunità territoriali per le persone prive di reddito.

Sabato 5 dicembre 2009 ore 9.00 – 12.30


Istituto Comprensivo "G. Sarto" Viale Brigata Cesare Battisti 6 - Castelfranco Veneto.


La crisi occupazionale nel trevigiano amplia le espulsioni dal mondo del lavoro che oggi non riguarda soltanto la fascia di età dei cinquantenni ma tutte le fasce di età insieme a molte e diverse professionalità. In questo quadro assumono particolare rilevanza le iniziative che riportano i lavoratori nel circuito del lavoro e della qualificazione professionale. Agli attori istituzionali è richiesto uno sforzo innovativo per sostenere l’occupazione ed il reintegro delle fasce di lavoratori esclusi. Alla politica è richiesto un impegno per creare le condizioni di un nuovo welfare che sappia sostenere lo sviluppo economico garantendo la coesione del tessuto sociale.


Programma:

ore 9.00 Apertura dei lavori – Enrico Quarello segretario provinciale del Pd.


Interventi:

9.15 Maurizio Rasera (Veneto Lavoro) – Identificazione del fenomeno delle nuove povertà; fasce di età coinvolte; andamento quantitativo; nuove prospettive per il welfare territoriale


9.35 Elio Boldo (CGIL) – Le prospettive della situazione occupazionale in provincia di Treviso e nella Castellana


9.50 Carlo Borzaga (Docente presso la Facoltà di Economia dell’ Università di Trento e Presidente di EURICSE - Istituto europeo di ricerca sulla cooperazione e l'impresa sociale) – Ruolo della cooperazione sociale nelle azioni di sussidiarietà territoriale all’interno delle Politiche attive del Lavoro verso le fasce deboli e svantaggiate.


10.10 Gian Luigi Bianchin (Direttore Servizi Sociali ULSS 8 Asolo) – Quali azioni conseguenti al capitolo “Area Povertà ed Emarginazione” previsto nel Piano di Zona 2007-2009.


10.25 Bruno Pozzobon (Presidente del Consorzio “In Concerto”) – L’esperienza pratica nella Castellana


10.40 Denis Farnea (Assessore della Provincia di Treviso a: Formazione Professionale, Politiche per l'Occupazione, Personale) – Quali Politiche attive del lavoro e servizi per l’impiego per le fasce deboli e svantaggiate della popolazione


10.55 IPA (Intesa Programmatica d’Area) della Castellana - Politiche di sostegno all’occupazione


11.05 Dibattito


12.00 Conclusioni – Rosanna Filippin segretario regionale del Partito democratico




Bollettino mensile ottobre provincia di Treviso

giovedì 5 novembre 2009

I giovani al Parlamento europeo

Oggetto: iscrizioni alla visita formativa al Parlamento europeo di Strasburgo.

La Segreteria provinciale del Partito Democratico di Treviso e la Segreteria provinciale dei Giovani Democratici ritengono centrale l'impegno nella formazione politica dedicata ai giovani.

Nei mesi scorsi sono state realizzate due scuole formative che hanno coinvolto circa 70 ragazzi della nostra provincia: una dedicata alle pratiche della buona amministrazione, l'altra al funzionamento delle istituzioni comunitarie.

In continuità con i percorsi formativi intrapresi, con la presente, siamo lieti di comunicarVi che nei giorni 14-15 dicembre è programmata una visita al Parlamento europeo nella sede di Strasburgo.

Questa iniziativa è dedicata prioritariamente ai giovani dai 18 ai 29 anni. I posti a disposizione sono 25 e il termine per la presentazione delle domande è il 22 novembre p.v.

A seguire il programma in via di definizione; scarica il modulo d'iscrizione.

Il Segretario Provinciale Partito Democratico
Enrico Quarello

Il Segretario Provinciale Giovani Democratici
Stefano Roman

OSPEDALE DI CASTELFRANCO

QUALE FUTURO PER L’OSPEDALE DI CASTELFRANCO? IL PD DI CASTELFRANCO VENETO INCONTRA GLI OPERATORI SOCIO-SANITARI

La difficile situazione in cui versa la sanità della Castellana, in particolare l’ospedale, impone una seria riflessione basata sulle statistiche della mobilità interaziendale, sulle conseguenze economiche del project financing, sulla forte mobilità del personale medico e non solo.

Agenda dell’incontro:
• La situazione dell’ospedale e le principali linee di tendenza - Bernardino Spaliviero consigliere comunale del Partito democratico
• Discussione
• Conclusioni - Claudio Rizzato consigliere regionale del Partito democratico

Sono invitati medici, infermieri, tecnici, tutti gli operatori sanitari ed amministrativi e le rappresentanze sindacali.

Mercoledì 11 novembre ‘09 ore 20.45
Sede PD, via Matteotti 14/a



Resoconto della serata già pubblicato su uncastellanomidisse:

È in atto una grave dispersione del patrimonio di competenze ed esperienze che hanno costituito il patrimonio professionale più rilevante degli ospedali dell'Ulss 8. L'abbandono di questi professionisti, medici, ma non solo medici, avviene in diverse forme, tutte principalmente caratterizzate dalla volontà di lasciare un ospedale dove i sanitari lavorano in disagio professionale sempre più evidente.

Mercoledì 11 novembre in un'affollata riunione nella quale il Partito democratico di Castelfranco ha incontrato gli operatori socio-sanitari si è discusso della difficile situazione della sanità dell'Ulss 8 e delle principali linee di tendenza della politica regionale che il centrodestra al governo del Veneto sta attuando.

Nella riunione, introdotta dal consigliere comunale Bernardino Spaliviero e che ha visto la partecipazione del consigliere regionale Claudio Rizzato, si è discusso a lungo della situazione della sanità castellana e degli ospedali di Castelfranco e Montebelluna. Si è constatato con vive testimonianze oltre che con l'intervento delle forze sindacali come l'Ulss 8 stia vivendo uno dei momenti peggiori della sua storia.

La radice della questione sta nelle forme concrete con le quali il project financing sta condizionando la complessa attività ospedaliera; la situazione è però aggravata dal comportamento e dalle scelte dell'attuale direttore generale. L'esempio più eclatante è la dissipazione dell'attività chirurgica Orl e dell'endocrinologia, con le dimissioni del dottor Caon e del dottor Gasparoni; inutile è stato l'allarme lanciato nel consiglio comunale di Castelfranco il 22 dicembre del 2008, attraverso un'interrogazione urgente del Partito democratico, nella sostanziale assenza di iniziativa dell'amministrazione comunale. A questo si aggiunge il ritardo nel procedere con i bandi di concorso, ritardo che ha determinato la scelta di diverse professionalità presenti nel territorio (soprattutto infermieri) di rivolgersi presso Ulss limitrofe.

Profondo disagio è stato manifestato dai partecipanti all'incontro, con interventi dei rappresentanti sindacali provinciali Cgil e Cisl e di singoli operatori che hanno, fra l'altro, ripetutamente richiamato la vertenza non ancora conclusa per il riassetto degli incarichi dei coordinatori delle unità operative (ex caposala e capotecnici).

Nell'Ulss 8 la carenza di personale sta seriamente mettendo in discussione la capacità di garantire gli stessi livelli essenziali di assistenza. A questa situazione si risponde con una serie di misure necessarie per difendere la valenza degli ospedali di Montebelluna e Castelfranco ed il bene prezioso costituito dalla sanità pubblica:
a. L'immediata modifica di atteggiamento della direzione: nell'ULSS 8 vi sono competenze, professionalità, esperienze degli operatori che vanno ascoltate, rispettate, valorizzate e coltivate perché rappresentano un vero patrimonio per il nostro territorio. Le figure professionali vanno impiegate considerando lo sviluppo che le professioni hanno compiuto in questi ultimi anni. Utilizzare alcune professioni secondo modelli superati determina un utilizzo improprio del personale, lo svilisce dal punto di vista professionale e ne limita le potenzialità.
b.
Un deciso impegno dell'azienda per implementare l'attuale organico. Va esercitata pressione nei confronti della Regione per autorizzare l'assunzione in deroga. Le modalità ed i criteri con i quali si sceglie il personale devono cambiare; le "nomine politiche" determinano lo scadimento della qualità dell'assistenza e della cura.
c.
Una decisa modificazione del clima aziendale; vanno riconsiderate alcune scelte fin qui compiute che hanno portato al suo degrado. In una fase nella quale le scarse risorse a disposizione richiedono coesione, si è creata una condizione di "competizione interna" che non sempre ha premiato la professionalità.
d. Il ripiano strutturale del bilancio; la Regione Veneto deve farsi carico dell'intero onere finanziario generato dal Project Financing rimettendo a carico del pubblico la gestione di quei delicati servizi che hanno impatto diretto sulle prestazioni sanitarie (es. manutenzione degli apparecchi elettromedicali ed il sistema informativo/informatico, questo ultimo determinante per il governo dell'azienda).
e.
La piena presa di responsabilità da parte della conferenza dei Sindaci i quali sono i garanti dell'applicazione del diritto alla salute. E' evidente il legame tra prestazioni ospedaliere e servizi sociosanitari del territorio, pertanto va garantita la continuità assistenziale senza scaricare sul sociale, e quindi sui comuni e sui cittadini, costi di cure che hanno prevalente carattere sanitario. I sindaci devono recuperare il principio del "bene comune" e quindi della "solidarietà sociale delle comunità locali" di cui proprio i Sindaci sono per definizione la massima espressione.

Sul piano regionale si è constatato come la politica del project financing, iniziata a Castelfranco nel 2004, venga diffusa in tutta la regione attraverso una decina di progetti già in itinere e fortemente sospettati di favorire ambienti imprenditoriali legati al centrodestra. Sulla base delle esperienze note, come quella dell'Ulss 8, si può facilmente capire che le ricadute di questi progetti saranno determinanti nel minare alla radice una politica (quella del passato) che legando l'investimento in servizi sanitari ad una politica sociale di forte integrazione sul territorio, permetteva di dire che il modello socio-sanitario del Veneto era uno dei migliori al mondo ed esempio per tutti. Oggi non è più così. La continua restrizione dei bilanci ed il favore verso i privati che entrano a pieno titolo nella gestione della sanità regionale veneta porterà ad uno scadimento delle prestazioni sanitarie e, nella sostanza, a minare il diritto costituzionale alla salute.


Già oggi il 30% della spesa sanitaria in Veneto è a carico delle famiglie e tale percentuale è destinata a crescere se, come dice di voler fare Galan, sarà eliminata l'addizionale regionale Irpef dello 0,5 per mille. Su questo fronte il Pd è impegnato da tempo ed il fatto che proprio l'11 novembre sia iniziata in regione la discussione della legge sulla non autosufficienza, presentata dal Pd, è un fatto di grande rilevanza.

La politica regionale della salute deve cambiare in modo sostanziale; senza questi cambiamenti non sarà possibile garantire nel concreto il diritto alla salute per cui il Pd chiede:

1. Un piano regionale della sanità veneta (l'ultimo piano è del 1996) che rafforzi il nostro modello a forte integrazione tra sanità e sociale.

2. La modifica dei criteri di nomina dei direttori generali delle Ulss: devono essere nominati dalle conferenze dei sindaci i quali rispondono ai cittadini della tutela della salute.

3. La cessazione di una deriva privatistica che compromette seriamente i livelli di servizio socio-sanitari. La sanità non può diventare un business per pochi ma deve continuare ad essere un bene di tutti.

4. La difesa degli stanziamenti di bilancio che devono garantire la fornitura dei servizi in chiave universale: il diritto alla salute è di tutti e non solo di chi se lo può permettere.

5. Il finanziamento del fondo per la non autosufficienza per aiutare le famiglie con anziani non autosufficienti e disabili.


Iniziative novembre-dicembre

Martedì 3 novembre 2009
PAT Piano di Assetto Territoriale
sede di via Matteotti 14/a ore 20.45

Mercoledì 11 novembre 2009
QUALE FUTURO PER L’OSPEDALE DI CASTELFRANCO? IL PD DI CASTELFRANCO VENETO INCONTRA GLI OPERATORI SOCIO-SANITARI
sede di via Matteotti 14/a ore 20.45


Sabato 5 dicembre 2009 ore 9
Emergenza sociale ed economica: Quali iniziative della Comunità territoriale della Castellana per le persone prive di reddito.
sede da definire

I giovani al Parlamento europeo

giovedì 29 ottobre 2009

Crisi, la contro-finanziaria PD

Sostegno al lavoro, ai redditi e alle imprese. E poi misure per l'emergenza idrogeologica e sismica, per gli enti locali e il Mezzogiorno. Sono queste le priorità che il PD intende portare avanti con determinazione e risolutezza.

Il primo passo è stato fatto oggi con la presentazione degli emendamenti alla Finanziaria, ora in esame a Palazzo Madama, presentati dal gruppo del Pd del Senato. Una vera e propria contro-finanziaria con priorità ed obiettivi che non sono quelli indicati dal governo. "Per noi - spiega Anna Finocchiaro, presidente dei senatori democratici - la questione centrale, la nostra battaglia, è tenere al centro degli interventi il lavoro, il reddito delle famiglie e lo sviluppo delle imprese. Questo è il cuore della nostra proposta economica per superare la crisi".

Nel merito, la capogruppo del Pd di Palazzo Madama, indica "sei questioni essenziali" all'interno delle quali prendono corpo le diverse proposte del Pd.

Si parte con il sostegno al lavoro che prevede tra le misure da affrontare, il riconoscimento su base universalistica dei trattamenti di disoccupazione e l'estensione (anche nella durata) dei trattamenti di cassa integrazione guadagni ordinaria.

Il secondo punto riguarda il 'Sostegno ai redditi'. In particolare quelli medio bassi, con una serie di detrazioni per le famiglie, le madri lavoratrici e per chi ha stipulato un mutuo. Si va dall'innalzamento delle soglie di detrazione per carichi di famiglia, a interventi in favore delle lavoratrici madri alla previsione della quattordicesima mensilità per i pensionati.

Importante anche l'intervento a favore delle imprese che prevede l'istituzione di un fondo interbancario finalizzato a facilitare l'accesso al credito delle imprese e al consolidamento dei debiti, il potenziamento dei Confidi e deduzione dalla base imponibile Irap del costo del lavoro, per il personale dipendente e assimilato, per le imprese individuali e società di persone; previsti anche la proroga degli incentivi per la riqualificazione energetica degli edifici e il sostegno al settore agricolo.

Il quarto punto riguarda 'Le misure per l'emergenza idrogeologica e sismica' dove, oltre agli interventi nelle zone di crisi come l'Abruzzo e Messina, è previsto un Piano di verifiche per la riduzione del rischio sismico su tutto il territorio italiano, con il riconoscimento di una detrazione del 55 per cento delle spese sostenute per l'adeguamento delle strutture, ed una mappatura delle aree a più elevate rischio idrogeologico (con previsione anche di eventuali abbattimenti di edifici a rischio).

Negli emendamenti dei democratici si parla anche di 'enti locali' con la proposta di rivedere il Patto di stabilità, con l'esclusione dai vincoli del Patto delle spese in conto capitale per opere e interventi nei settori dell'edilizia scolastica, della messa in sicurezza del territorio e per opere pubbliche cofinanziate dallo Stato.

Sesto, ultimo ma non per importanza, c'è il Mezzogiorno. Quella grande risorsa dell'Italia che la capogruppo Finocchiaro definisce "Il grande assente" dalla manovra del governo "che di chiacchiere in questi mesi ne ha fatte tante". Chiacchiere che il PD preferisce sostituire con i fatti, ossia con la riassegnazione di quanto stanziato per il Ponte sullo Stretto per il completamento dei due principali corridoi ferroviari e per opere infrastrutturali, di adeguamento sismico e di risanamento idrogeologico; Il PD propone anche il rifinanziamento del Credito d'imposta per l'occupazione nelle aree sottoutilizzate, lo sviluppo dei Confidi nel Mezzogiorno e l'adozione di ricercatori universitari da parte delle imprese del Mezzogiorno. "Abbiamo lavorato - ha detto il relatore di minoranza della Finanziaria Vidmer Mercatali - abbiamo indicato anche la copertura per i nostri emendamenti, siamo pronti a discutere anche delle priorità se non si può far fronte a tutto".

"Se davvero il Governo vuole abbassare la pressione fiscale che sta crescendo fino a raggiungere i livelli del 1997 - spiega il senatore democratico Enrico Morando lo vedremo su come si comporterà su alcuni emendamenti che abbiamo presentato riferiti in particolare all'aliquota fissa del 20% sugli affitti percepiti e alla detrazione parziale per chi lo paga, alla detassazione dei salari di secondo livello, all'eliminazione dalla base imponibile del costo del lavoro per le imprese che sono società di persone". Se, di fronte a queste proposte la risposta del Governo sarà negativa allora, conclude Morando "capiremo che la riduzione delle tasse era solo un burla, solo chiacchiere".

Una Finanziaria per far ripartire l'Italia

L'elenco degli emendamenti presentati dal gruppo PD al Senato


SOSTEGNO AL LAVORO

1. Riconoscimento su base universalistica dei trattamenti di disoccupazione; Estensione dei trattamenti di cassa integrazione guadagni ordinaria; Estensione della durata dei trattamenti di cassa integrazioni guadagni ordinaria (Emendamento 1.0.10);
2. Raddoppio delle risorse per i rinnovi contrattuali (Emendamento 2.248);


SOSTEGNO AI REDDITI

1. Sostegno ai redditi medio bassi (innalzamento delle soglie di detrazione per carichi di famiglia, con benefici integralmente riconosciuti anche ai soggetti "incapienti"; riconoscimento di detrazioni per oneri aggiuntive a favore delle donne lavoratrici e in caso di incapienza, totale o parziale, attribuzione del beneficio sottoforma di assegno alla lavoratrice madre; innalzamento delle detrazioni oneri a favore dei soggetti che abbiano stipulato mutui per l'acquisto della prima casa) (Emendamento 1.0.2);
2. Pensioni (innalzamento del trattamento pensionistico aggiuntivo - 14 ^ mensilità) (Emendamento 2.25);
3. Detrazione per oneri di locazione e assoggettamento del canone di locazione ad imposta con aliquota sostitutiva del 20% (Emendamento 1.0.1)


SOSTEGNO ALLE IMPRESE

1. Innalzamento del limite di deducibilità fiscale degli interessi passivi e pagamenti della PA (Emendamento 1.0.8);
2. Istituzione del fondo di garanzia interbancario finalizzato a facilitare l'accesso al credito delle imprese e il consolidamento dei debiti (Emendamento 1.0.12);
3. Deducibilità delle spese per il personale dipendente e assimilato dalla base imponibile Irap limitatamente alle società di persone e alle imprese individuali (Emendamento1.0.11);
4. Potenziamento dei Confidi (Emendamento 2.33);
5. Proroga degli incentivi per la riqualificazione energetica degli edifici (Emendamento 1.0.4);
6. Sostegno al settore agricolo (Emendamento 2.246);



MISURE PER L'EMERGENZA IDROGEOLOGICA E SISMICA

1. Previsione di un Piano di verifiche per la riduzione del rischio sismico di immobili, strutture e infrastrutture nelle aree del Paese ad elevato rischio sismico; riconoscimento di una detrazione del 55% delle spese sostenute per l'adeguamento sismico del patrimonio edilizio ricadente nelle aree ad elevato rischio sismico; realizzazione di una mappatura delle aree a più elevato rischio idrogeologico e dei manufatti abusivi ricadenti in queste aree, con previsione di eventuali abbattimenti di quelli a rischio (Emendamento 1.0.3);
2. Interventi per la ricostruzione di edifici (seconde case dei residenti e dei non residenti) (Emendamento 2.237) e per la ripresa delle attività produttive danneggiate dal sisma in Abruzzo (Emendamento 2.238) ;
3. Interventi urgenti per l'area di Messina (Emendamento 2.462);


ENTI LOCALI

1. Revisione del Patto di stabilità per l'anno 2010 (rispetto al 2009 si aggiunge l'esclusione dai vincoli del Patto delle spese in conto capitale per opere ed interventi nei settori dell'edilizia scolastica, della messa in sicurezza del territorio e per opere pubbliche cofinanziate dallo Stato) (Emendamento 1.0.5)

MEZZOGIORNO

1. Risorse assegnate al Ponte sullo Stretto riassegnate per completamento dei corridoi ferroviari n. 5 e n. 8 e per opere infrastrutturali, di adeguamento sismico e di risanamento idrogeologico (Emendamento 2.86)
2. Rifinanziamento del Credito d'imposta per l'occupazione nelle aree sottoutilizzate (Emendamento 1.0.9);
3. Sviluppo dei Confidi nel mezzogiorno (Emendamento 2.0.2);
4. Adozione di ricercatori universitari da parte delle imprese del mezzogiorno (Emendamento 2.0.3)

martedì 27 ottobre 2009

Incontro con la popolazione di Treville

IL PARTITO DEMOCRATICO DI CASTELFRANCO VENETO INCONTRA IL TERRITORIO

Serate nelle frazioni e nei quartieri con il Coordinamento del Circolo, i Consiglieri Comunali

TREVILLE
Argomenti dell’incontro
• SOTTOPASSAGGI FERROVIA VIA CASTELLANA-VIA SAN DANIELE
• PISTE CICLABILI
• RETE FOGNARIA
• SEDE CONSIGLIO FRAZIONALE
• AREA SCUOLA ELEMENTARE: QUALE DESTINO?

VENERDI’ 30 OTTOBRE ORE 20.45
Auditorium scuola media di Treville

TUTTA LA CITTADINANZA E’ INVITATA

lunedì 26 ottobre 2009

Risultati primarie del 25 ottobre 2009

Castelfranco Veneto
Segreteria nazionale:
Pierluigi Bersani 892 (57%)
Dario Franceschini 379 (24%)
Ignazio Marino (307 (19%)
Segreteria Regionale:
Rosanna Filippin 784 (50%)
Andrea Causin 339 (22%)
Felice Casson 443 (28%)

Provincia di Treviso
Segreteria nazionale:
Bersani 13.423 (53%)
Franceschini 7.397 (29%)
Marino 2.825 (18%)
Segreteria Regionale:
Filippin 11.917 (48%)
Causin 6.725 (27%)
Casson 6.312 (25%)

domenica 18 ottobre 2009

Per il futuro della nostra città

La provincia di Treviso sente pesantemente l’effetto della recessione; il sistema produttivo della castellana attraversa un momento di grande difficoltà (Berco, Fervet, Fracarro,…). Siamo in presenza di una vera e propria crisi occupazionale. Ora si apre la corsa per la nuova amministrazione ed ai tradizionali temi del nostro dibattito pubblico (vivibilità, ambiente, sanità, servizi alla persona, spazi di aggregazione) si aggiunge la situazione di molte famiglie in difficoltà a causa della crisi. I nostri Enti Locali devono aiutare queste persone con maggiore impegno rispetto al passato. Il Pd a Castelfranco ha già proposto in Consiglio comunale un primo pacchetto di misure atte a contenere gli effetti della crisi sulle famiglie: patto di cittadinanza e di solidarietà con i lavoratori che hanno perduto il lavoro; rateizzazione del pagamento delle rette per nido, scuole d’infanzia, trasporto scolastico, mensa e servizi comunali; promozione di accordi con i gestori dei servizi idrici, del gas ed altre utenze, per favorire la rateizzazione dei pagamenti; attivazione del microcredito, attraverso apposite convenzioni con le banche; massima accessibilità alle agevolazioni nazionali: bonus, social card e alle disposizioni regionali. Inoltre, guardando al futuro, occorre individuare i settori economici su cui concentrare le risorse messe a disposizione per la formazione professionale in modo da non disperderli; è necessario che il comune di Castelfranco sappia guidare una seria riflessione sul futuro dello sviluppo economico nella propria area. Anche qui ci siamo con la nostra proposta di un osservatorio economico per la Castellana. Noi non siamo interessati a promuovere la rendita ma vogliamo favorire lo sviluppo. Siamo quindi pronti al confronto con i cittadini e con le altre forze politiche, a partire dai nostri alleati, con le forze sociali ed economiche per definire le priorità per l’amministrazione 2010-2015. Per stare nel concreto, una prima proposta è lo sviluppo dell’area a sud-ovest del centro storico: costruire lì un centro attività per il terziario avanzato da progettare e realizzare con Università, aziende del nostro territorio e centri di ricerca

E’ un modo per puntare ad un ruolo guida della nostra città nei settori innovativi dell’economia della conoscenza, favorendo le attività imprenditoriali già attive sul territorio ed attraendone di nuove, per di più allontanando il rischio di uno svuotamento produttivo dell’area a solo vantaggio della speculazione immobiliare. Ma per attrarre conoscenze e capitali occorre fare di più per la vivibilità del territorio; si ritorna quindi sui temi più tradizionali: servizi, sanità, ambiente, viabilità, spazi di aggregazione e di partecipazione. Su questi temi ci siamo e ci saremo per tutta la campagna elettorale aperti al confronto con cittadini, imprese, organizzazioni rappresentative e partiti politici. Questo è il momento di costruire insieme il progetto della futura Castelfranco.


Giuseppe Esposito

Coordinatore Pd Castelfranco

il PAT: cambia il mondo, ma non per l’Amministrazione Comunale

Una vera e propria rivoluzione è successa dal 15 settembre 2008, giorno nel quale è stato decretato il fallimento della Lehman & Brothers. Quasi tutti sostengono che il mondo non è più lo stesso, che il cambiamento ed il modo con il quale si è manifestato, è stato radicale. Certo non si è trattato di una di quelle crisi congiunturali delle quali si sentiva parlare, ma che poi non si percepivano nella vita di ogni giorno. Questa volta c’è stata la netta sensazione che tutto fosse messo in discussione: dal quadro economico del nostro paese, alle abitudini di vita di ogniuno di noi. Il nostro Governo, dopo
aver capito che non bastava l’ottimismo per risolvere la crisi, che chiedere ad un precario o ad un metalmeccanico di spendere di più per favorire la ripresa aveva il sapore di una presa in giro (come chiedere di fare il bagno ad uno che sta morendo di sete), dopo la successiva massiccia immissione di liquidità per salvare il sistema creditizio, il nostro Governo ha escogitato il così detto “Piano casa”, al quale ha fatto subito seguito la Legge regionale 14/09 sempre sullo stesso argomento. Questo avrebbe dovuto essere uno dei provvedimenti urgenti di rilancio dell’economia (tanto urgente che a mesi di distanza deve ancora produrre i suoi effetti … o difetti), mentre si sta rivelando un polpettone normativo che rischia solo di rendere ingovernabile il già difficile governo del territorio da parte dei Comuni. Che fa il nostro Comune? In questa situazione profondamente cambiata l’Amministrazione Comunale di Castelfranco produce un documento preliminare alla formazione del Piano di Assetto Territoriale del Comune (P.A.T.), cioè al più importante strumento di programmazione e di indirizzo amministrativo, ignorando candidamente quanto è successo ed è sotto gli occhi di tutti. Basti pensare che i dati su cui si basano le valutazioni socio-economiche, cioè gli elementi statistici dai quali si evincono gli scenari futuri per assumere le giuste decisioni, si rifanno al decennio 1991-2001. Solo per i dati sulla popolazione si arriva al 2007 come aggiornamento. Avete capito bene! Si stanno creando gli indirizzi per la formazione del P.A.T., che è (cito testualmente il documento preliminare di cui si parla) “lo strumento di pianificazione che delinea le scelte strategiche di assetto e di sviluppo per il governo del territorio comunale”, sulla base di informazioni che sono oramai storia, se non preistoria, se si pensa alla velocità con la quale si modificano gli eventi, dati che poco hanno a che fare con la situazione attuale e, sicuramente, la situazione futura della nostra città. In questo documento non si parla del radicale cambiamento del quadro economico e degli effetti che questo potrà generare nel tempo, non si parla di “Piano casa” e delle conseguenze che questo anomalo quadro normativo potrà creare nel governo del territorio. Ci si limita a confermare quanto è stato deciso diversi anni fa con l’adozione del Piano Regolatore Generale. Ora, senza entrare nel merito delle scelte di questo “vecchio” strumento, come è possibile non prendere l’occasione per rivedere la situazione alla luce
di questo diverso, per usare un eufemismo, quadro economico-politico? Nel “Documento Preliminare” si ribadisce quasi in ogni riga che bisogna tutelare il territorio in una prospettiva di sviluppo sostenibile, e non si capisce
perché non si ridiscuta la scelta di una
nuova grande area industriale lungo la circonvallazione o la grande area sportiva in prossimità della rotonda per Padova. Indicare l’occupazione di nuovo territorio su progetti che, francamente, non hanno alcuna prospettiva di sviluppo, (cosa faremo di un ippodromo o di altre simili stramberie per giustificare l’occupazione di territorio, escludendo nel frattempo la possibilità di realizzare la nuova piscina nell’area già da tempo destinata e già attrezzata allo scopo?) significa consegnare queste aree all’abbandono agricolo in attesa di qualche improbabile speculazione. Se il Documento Preliminare perseguisse quello che in molti passaggi promette, dovrebbe indicare scelte coraggiose incentivando lo sviluppo della città solo su aree compromesse, e di queste ce ne sono ancora molte o, addirittura, pensando ad un “restauro” del territorio, perseguendo il ripristino di aree libere attraverso l’uso di adatti strumenti di incentivazione nei confronti dei privati, Piano Casa permettendo. Questo non significa la paralisi dello sviluppo di Castelfranco, se per sviluppo si intende il miglioramento della qualità della vita dei propri cittadini, significa dar corso ad indirizzi e scelte che non contraddicano i principi ai quali sembra ispirarsi il Documento Preliminare di cui si parla, anche a costo di dover prevedere un radicale cambiamento del Piano Regolatore attualmente in vigore. Non è giustificato che per una presunta coerenza si continui a perseguire un disegno che, come molti altri, è stato superato dalla allora imprevedibile dinamica della storia più recente …. Ma di questo parleremo ancora …

La Castellana nella crisi economica reale

Sui giornali, alla televisione, le istituzioni continuano a ribadire che la crisi è finita e che la ripresa c’è; lenta, ma c’è. Il dato di fatto però è che dentro le fabbriche, nei luoghi di lavoro si respira un’altra aria. Aria di preoccupazione, di difficoltà: si lavora sempre meno e si sta sempre più tempo in cassa integrazione. I dati macro ci dicono che il 2008 si è chiuso con la perdita del PIL dell’1,8%, e le previsioni di chiusura del 2009 sono date per un’ulteriore perdita del 5%. In due anni la perdita di 7 punti percentuali la dice lunga sull’agonia che sta attraversando l’economia reale. Nella Castellana quasi tutti i settori sono attraversati da difficoltà, eccetto poche produzioni di nicchia, e di servizio. Con questa crisi sono emerse con chiarezza le difficoltà economico-produttive nel nostro territorio; dalla conformazione del tessuto produttivo, con un’alta concentrazione di attività manifatturiera. Aziende poco dimensionate con poca capacità di investimenti, di innovazione sia di prodotto sia di processo. L’80% delle imprese ha una situazione patrimoniale difficile, forti esposizioni bancarie, e pochissima liquidità che ne determina l’incapacità a pagare i fornitori e in molti casi anche i dipendenti. E dentro a questa crisi, partita come crisi finanziaria internazionale, si è aperto un ulteriore problema per le aziende, indipendentemente dalle dimensioni e dal capitale sociale, perché le banche stanno limitando l’accesso al credito e chiedono il rientro dell’indebitamento tagliando gli affidamenti. Pertanto aumentano gli insoluti e si dilazionano i pagamenti; di conseguenza aumentano le difficoltà a reperire materia prima per produrre i pochi ordinativi disponibili. La perdita media del fatturato si aggira tra il 30 e il 45%; a questo si aggiunge la caduta del portafoglio ordini. Come si sta affrontando la crisi? Paga chi lavora. Ci sono poche ricette, si cerca di ridurre i costi al massimo. E questo è l’aspetto più doloroso: si dichiarano gli esuberi, si ricorre alla cassa integrazione per chi ne ha diritto; le imprese minori, “quelle artigiane che rappresentano l’80% delle attività”, sono ricorse alle sospensioni EBAV e alla disoccupazione, e solo da maggio possono ricorrere alla CIGS in deroga finanziata dalla Regione e dalla Comunità Europea per un massimo di 180 giorni; finita quella è inevitabile il licenziamento del lavoratore. Basti pensare che a settembre l’utilizzo della CIGS in deroga interessava a livello Veneto 38776 lavoratori. Le aziende sopra i 20 dipendenti per i tre quarti stanno già finendo le 52 settimane di cassa ordinaria e si

stanno attivando incontri presso la Provincia per chiedere l’intervento della cassa straordinaria. Alcune Industrie, per un totale di 1000 dipendenti, a maggio esauriranno il primo anno di Cigs. Questo nelle produzioni di beni, ma anche nel pubblico impiego assistiamo a un graduale smantellamento della struttura, con soluzioni privatistiche. Vengono esternalizzati servizi essenziali consegnandoli alla gestione del privato sociale, con conseguente perdita di lavoratori tutelati e con una certa capacità di reddito, verso lavoratori precarizzati e basso salario. L’altro dato che emerge, è il calo dei consumi, stimato attorno al 5%, e non potrebbe essere diversamente; quando un lavoratore entra in cassa integrazione, perde una capacità di salario di 500 euro mensili. Inoltre in questo contesto peserà sui lavoratori l’accordo separato sulle nuove regole contrattuali; il primo segnale è stato dato dal Governo, con la presentazione della Legge finanziaria, dalla quale si evince che non ci sono le risorse per il rinnovo del contratto nazionale dei dipendenti pubblici. Invece per i contratti delle categorie private, se verranno rinnovati, non recupereranno tutta l’inflazione perché le nuove regole prevedono che l’inflazione dall’energia importata non verrà recuperata. Quelle regole contrattuali prevedono anche che, per affrontare la crisi e migliorare la competitività dell’impresa, si possa derogare dal Contratto Nazionale con la possibilità a livello aziendale di peggiorare le condizioni normative e salariali dei lavoratori. Ancora una volta si cerca la competitività riducendo i costi, limitando i diritti e comprimendo i salari. Ed è inevitabile che in questa fase di crisi rimarrà al palo la contrattazione aziendale, perdendo ulteriormente la capacità di recuperare reddito per i lavoratori.

Quali soluzioni

Oggi serve aprire a tutti i livelli il confronto: con le Imprese, con il Governo, con il sindacato, per bloccare le chiusure aziendali, le delocalizzazioni e i licenziamenti. Servono ammortizzatori sociali per tutti i lavoratori, indipendentemente dalle dimensioni delle imprese. C’è l’esigenza di definire un piano di sviluppo industriale del paese Italia, per definire su quale competitività si svilupperà il paese. C’è bisogno di riprendere gli investimenti nella ricerca e nello sviluppo, magari per attività eco-compatibili. Devono essere riviste le pensioni e rinnovati i contratti per i lavoratori; bisogna detassare l’aumento dei contratti nazionali, non gli straordinari o i premi di risultato che oggi non sono disponibili, per ridare capacità di spesa alle famiglie…. altro che premiare i ladri con lo scudo fiscale.

Saccaland Campigo

No, non si tratta di un nuovo parco giochi e il saccone che intendono installare in via Alture non è un gioco gonfiabile per bambini, bensì un impianto di stoccaggio che dovrebbe contenere ben 4.000 mc (pari al volume di 20 appartamenti) di liquame derivante dalla porcilaia di proprietà della ditta Cerchiara di Salvatronda. Molti si chiedono: ma perché vogliono installare questa sacca proprio a Campigo? La risposta non è semplice anche perché un motivo razionalmente valido non c’è.
- Innanzitutto il liquame viene prodotto a Salvatronda e poi si rende necessario trasportarlo a Campigo con alcune migliaia di autobotti all’anno che lasceranno una scia maleodorante oltre che a gravare ulteriormente su un traffico che già penalizza la frazione. - Il liquame dovrà poi essere asperso nei terreni circostanti con conseguenti problemi di inquinamento del terreno e della falda sottostante.
- Noi che abitiamo a Campigo da molti anni sappiamo benissimo che in quell’area esisteva una cava che forniva l’argilla alla vicina fornace. Dopo il suo esaurimento la cava è stata utilizzata come discarica e lì si trova sepolto
un pò di tutto, dalle macerie derivanti dalla ristrutturazione della Simmel, ad amianto, a prodotti non ben identificati che venivano portati nottetempo; chissà cos’altro potrebbe trovare l’ARPAV se solo iniziasse a fare dei carotaggi!
- La zona è definita nel Piano regolatore come area di risorgive, infatti si trova l’acqua a meno di un metro dal piano campagna e nel periodo autunnale addirittura affiora. è chiaro che qualsiasi perdita di liquame si riverserebbe nella falda con conseguenze per gli abitanti di Campigo e Resana. Quest’area oltre che dal piano regolatore è definita vulnerabile anche nel documento preliminare del PAT (Piano di assetto del territorio) e per questo motivo non è possibile eseguire alcuna movimentazione di terra, erigere recinzioni e svolgere attività.
- La porcilaia di Salvatronda è dimensionata per un numero maggiore di capi rispetto all’attuale; se la sacca di 4.000 mc non fosse sufficiente si potrebbe pensare ad un secondo contenitore e così via ??? Campigo sarebbe veramente votata a diventare la “terra delle sacche” !
Da quanto sopra esposto risulta chiaro che Campigo da quest’operazione non trae vantaggi, ne’ economici ne’ occupazionali; certamente ne ricava un danno ambientale e viene toccata la qualità della vita degli abitanti. Purtroppo l’Amministrazione Comunale sembra non dare troppo peso a queste considerazioni e ancor meno alla petizione firmata da quasi 2.000 abitanti di Campigo che chiedono a gran voce che questo progetto venga bocciato. Addirittura, come risulta dall’articolo apparso sull’ultimo numero di “Castelfranco informa” distribuito in
questi giorni alle famiglie della nostra città, il capogruppo della maggioranza Renato Tesser afferma in modo sconcertante che la protesta dei cittadini di Campigo è stata organizzata per colpire “Vivere Castelfranco” e attacca direttamente il Pd che sarebbe a suo dire il maggior responsabile se non il principale artefice della messa in scena. è certamente una affermazione offensiva nei confronti dei cittadini che hanno evidenziato, con la loro partecipazione alle varie iniziative promosse dall’Associazione frazionale molto attiva e attenta, una forte preoccupazione per loro stessi e per il futuro della frazione. Purtroppo situazioni simili a questa potrebbero verifichersi in altre parti del territorio, una normativa europea prevede infatti nuove regole per lo stoccaggio e lo spandimento dei liquami. è impensabile che queste sacche possano avere una distribuzione casuale, forse l’Amministrazione comunale deve pensare per Castelfranco V. ad un piano così come è stato fatto a suo tempo per le antenne. La collocazione di impianti che possono arrecare danni, radiazioni, inquinamento e disturbo ai cittadini va studiata con grande responsabilità e sensibilità.

Sandro Faleschini

Anziani: Centro socioculturale polivalente e carta d’argento

La crisi economica e sociale sta colpendo in modo pesante i redditi dei lavoratori, dei pensionati e delle loro famiglie. Per questo il ruolo del Comune che eroga servizi ai cittadini è chiamato a rispondere ai maggiori disagi e criticità che colpiscono le fasce più deboli della società. Peraltro l’Ente locale dispone di minori entrate per le contraddizioni di questo Governo che da un lato esalta e propone il federalismo fiscale e dall’altra taglia ai Comuni l’unica entrata di bilancio, l’ICI, sulla quale potevano decidere autonomamente. Tale sottrazione di risorse senza adeguati trasferimenti da parte dello Stato, non può tradursi in un peggioramento delle condizioni sociali della popolazione o in un aumento delle tariffe dei servizi pubblici. Si devono anzi favorire tutte le soluzioni che rendano possibile garantire ed ampliare le prestazioni sociali, con particolare attenzione ai nuclei famigliari con basso reddito, con figli piccoli, anziani, portatori di handicap, ecc.Verso la componente anziana della nostra città (circa un quarto dei residenti, metà dei quali abitanti nel capoluogo) è opportuno sostenere percorsi e progetti di solidarietà attraverso iniziative culturali e sociali, che alimentino i rapporti di comunità, che favoriscano l’aggregazione e il dialogo con le altre componenti della comunità cittadina, con il duplice obiettivo di alleviare la solitudine e valorizzare le persone anziane. A tal fine la realizzazione di un centro socioculturale polivalente è uno degli interventi auspicati dalle rappresentanze delle associazioni dei cittadini. Uno spazio in cui possano confluire tutti i cittadini, con sale di lettura, auditorium, spazi di ritrovo e di socialità, sedi delle associazioni, ecc. Altro intervento necessario è l’adozione della carta dei servizi intesa non come un semplice elenco delle funzioni che il Comune attiva al servizio della popolazione, ma come impegno dell’Amministrazione con i cittadini a realizzare e garantire a tutti coloro che ne fanno richiesta, l’uso effettivo e la qualità del servizio elencato, nonché le condizioni per la verifica delle prestazioni erogate. Occasione, questa, per i cittadini, di verificare cosa, come, quanto il Comune realizza per il benessere della comunità cittadina, in particolare della popolazione anziana. Una iniziativa particolarmente gradita agli anziani è la carta d’argento, cioè l’elenco di tutta una serie di agevolazioni regolamentari ed economiche riservate alla terza età: dall’accesso agli impianti sportivi, al cinema, alla biblioteca, ecc., nonché alle agevolazioni di carattere commerciale che l’amministrazione può attivare con le associazioni imprenditoriali e commerciali.

La sfida della scuola primaria: dare a tutti le stesse opportunita’

Dal 14 settembre, inizio dell’attuale anno scolastico, come ha trovato applicazione la nuova normativa sul maestro unico nelle classi della scuola primaria? Nella quasi totalità delle classi gli alunni non sono stati affidati ad un unico insegnante; gli Istituti Comprensivi si sono orientati nella scelta di suddividere tra due o più docenti l’insegnamento delle materie, eliminando però i momenti di contemporaneità degli insegnanti. Il tempo scuola ridotto a 24 ore proposto dal ministro è stato scartato dalla maggioranza delle famiglie. C’è una decimazione di posti di lavoro sia nelle classi prime (a 24 ore nella normativa), sia nelle classi successive (organizzate mediamente sulle 27/30 ore), sia nel cosiddetto tempo pieno. Il tempo pieno però non è più con due insegnanti per classe e con i bambini suddivisi in gruppi nelle attività di recupero e laboratorio, ora è un tempo scuola in cui gli insegnanti garantiscono la loro presenza singola e frontale per l’attività didattica di 40 ore. Quest’anno la scuola può ancora, in alcuni casi, utilizzare alcune ore di compresenza, destinate a scomparire. Credo sia legittimo pensare, per chi è al di fuori del mondo della scuola, che sia giusto affidare una classe, anche di 26 o 27 alunni, ad un unico insegnante: così era quando molti di noi sono andati a scuola. Ricordiamo tutti però come i nostri compagni in difficoltà avessero come prospettiva la bocciatura. Ora, dopo anni di organizzazione di attività di recupero per portare anche i più deboli a raggiungere traguardi minimi, quale genitore è preparato a sentirsi dire fin dalla scuola primaria che suo figlio (sì, proprio il suo!) non raggiungerà il sei e sarà bocciato? E come rispondere al meglio alla realtà di una scuola inclusiva che vede seduti nelle nostre classi alunni che ieri erano nel loro lontano paese ed oggi sono qui, impauriti e spaesati? Sono anch’essi soggetti di diritti sanciti dalle normative nazionali e internazionali, abbisognano di un tempo e di attenzioni per poter imparare la lingua italiana e seguire con profitto le proposte didattiche. Ci sono già classi nel nostro territorio in cui la presenza di alunni stranieri raggiunge il 50-60%. La notizia deve spaventarci? No, gli

alunni nati in Italia da genitori di origine straniera (per i quali da più parti si chiede giustamente a mio avviso la cittadinanza italiana) mediamente hanno risultati scolastici uguali se non migliori dei loro pari italiani. Altra cosa sono coloro che hanno bisogno di apprendere la lingua italiana e per i quali la scuola da sempre si è attivata per rispondere alle esigenze di apprendimento attraverso un oculato uso delle compresenze. Eliminandole, a questi bambini viene ridotto il diritto ad un buon inserimento scolastico; lasciati in disparte ed emarginati nella classe, provocheranno situazioni di disturbo all’attività didattica, se non il conflitto. Ecco allora la proposta della Lega Nord di costituire le cosiddette “classi ponte”, vere e proprie classi speciali, già valutate negativamente da pedagogisti e linguisti, sperimentate con vari danni dai figli dei nostri emigrati in Svizzera e Germania. Il ministro Gelmini ha ventilato la possibilità di ridurre la presenza di alunni stranieri nelle classi a non più del 30%. E quelli che avanzano? Non era meglio lasciare agli insegnanti la possibilità di avere alcune ore alla settimana per insegnare la lingua italiana e/o aiutare i nostri bambini a recuperare le loro difficoltà di apprendimento? Non era meglio mantenere alla scuola primaria l’alto livello di qualità che le veniva riconosciuto in Europa e nel mondo? Siamo certi che il notevole taglio di finanziamenti alla scuola pubblica, seppur motivato con esigenze di bilancio, abbia come effetto il bene dei nostri figli? Ricerche mostrano come il successo scolastico e formativo sia correlato con il grado di coinvolgimento delle famiglie nel progetto scuola; ma ciò avviene o piuttosto si fa passare per tale la sola libertà di scegliere il tempo scuola per i propri figli? Son tutti contenti così?


Antonia Simonetto

TREVILLE DA LIBERARE…

Treville è la frazione più popolata del comune di Castelfranco Veneto. Si è sempre distinta per la vitalità della sua comunità, per aver mantenuto al suo interno servizi per le persone e le cose come attività commerciali, artigianali, polo scolastico, associazioni sportive, parrocchiali e culturali. Questo ha permesso di essere una frazione d’attrazione anche dall’esterno. Riconoscendo questo un valore che deve continuare ad essere difeso e valorizzato dando alla frazione una buona e generale qualità della vita. In questi anni però la frazione sta pagando il grosso problema dei passaggi a livello di via Castellana, via Piave, via Brenta e via San Daniele, che si trascina da anni e sta peggiorando a causa del continuo aumento del traffico ferroviario, isolando la frazione dal centro, e con rischi concreti per la salute dei cittadini impedendo anche ai mezzi di primo soccorso di arrivare tempestivamente. I numeri parlano da soli:

• I passaggi a livello di via Castellana e via S. Daniele della linea Treviso-Vicenza vedono un transito di 85 treni al giorno, circa uno ogni 16 minuti.

• I passaggi a livello di via Piave e via Brenta della linea Venezia-Trento, vedono un transito di 42 treni al giorno, circa uno ogni 30 minuti.

Le legittime proteste della popolazione, esasperata dal crescente malessere che questa situazione ha creato, ha più volte chiesto in varie forme agli Organi competenti di affrontare e risolvere concretamente questo annoso problema, senza mai una risposta credibile o concreta. La popolazione si augura che la nuova amministrazione comunale che sarà eletta nella primavera del 2010, affronti come prioritario questo problema.

Chi vuol bene a Castelfranco

A partire da dicembre avranno inizio le celebrazioni del 5° centenario della morte di Giorgione. Ci auguriamo che vi partecipino tante persone, interessate a scoprire la enigmatica e misteriosa personalità pittorica di Giorgione e ad apprezzare lo spirito di ospitalità della nostra gente. Auspichiamo che nessuno si “appropri” di Giorgione e
“utilizzi” la circostanza per altri fini. Anche noi amiamo intensamente la nostra città e riteniamo che sia responsabilità di tutti, maggioranza ed opposizione, custodire gelosamente il patrimonio di storia, di cultura, di tenacia operativa, di inventiva, lasciatoci dai nostri Padri castellani, e valorizzarlo positivamente, rilanciandolo. Proprio perché amiamo Castelfranco e la sua gente:
- contrastiamo il P.R.G. con la sua eccessiva e squilibrata cementificazione, che ha invaso e stravolto angoli stupendi del centro storico e tolto spazi di vivibilità alle nostre piccole comunità frazionali e di Quartiere;
- lottiamo perché l’ospedale resti pubblico e sia rispettata la dignità della persona malata, attraverso una qualificata assistenza;
- sollecitiamo una diversa e più incisiva risposta ai bisogni delle persone in difficoltà economica e sociale, a partire dal problema del lavoro, della casa e dell’alloggio;
- evidenziamo la drammatica situazione di tante famiglie e di tante persone castellane, che hanno perso il lavoro e che non sono in grado di pagare l’affitto o il mutuo della casa, mentre domina il libero mercato immobiliare, con costi ed affitti drogati;
- rivendichiamo il diritto delle comunità frazionali e di Quartiere di essere coinvolte nelle scelte che le riguardano, mentre la maggioranza che governa è chiusa in se stessa, impegnata a trovare equilibri spartitori al suo interno;
- lamentiamo che non sia data visibilità e riconoscimento di ruolo ai giovani, ai quali sono negati spazi di incontro e di partecipazione;
- sosteniamo la legittima richiesta di attenzione da parte di tanti cittadini, anch’essi appassionati della nostra città, che chiedono non vengano stravolti spazi significativi della storia di Castelfranco.

Livio Frattin, Sebastiano Sartoretto,
Bernardino Spaliviero, Giuseppe Vincenti
Consiglieri comunali del Partito Democratico