mercoledì 2 giugno 2010

Intervento Direzione regionale PD Veneto

(di Giuseppe Esposito)

PREMESSA

Scrivo queste brevi note indirizzandole ai colleghi membri della Direzione regionale del Partito Democratico Veneto. Nella nostra riunione di lunedì 31 maggio u.s. non abbiamo potuto discutere di questi temi, pur essendoci lo specifico punto all’ordine del giorno, perché l’obbligo di approvazione delle norme attuative per i congressi territoriali avevano la precedenza. E’ quindi con la finalità già espressa dalla segretaria regionale in chiusura della nostra riunione del 16 aprile u.s., cioè scambio di analisi e proposte per iscritto, che aggiungo queste riflessioni alle altre già offerte dai colleghi, cercando di contribuire alla definizione di quel profilo identitario verso il quale, con tanto affanno, stiamo cercando di approdare in questi mesi. Lo faccio, consapevole del fatto che un profilo politico e di identità non può prescindere da quello che si è e da quello che si vuole fare; di questo sono convinto ma mi pare che questa semplice affermazione stenti a trovare comportamenti coerenti a partire dall’assemblea nazionale del 21-22 maggio uu.ss. Cercherò quindi di partire da alcune valutazioni relative agli esiti dell’assemblea nazionale per arrivare alle proposte per l’immediato futuro.


L’Assemblea nazionale del 21-22 maggio 2010: luci ed ombre

Inizio dalle questioni che più hanno a che fare con la nostra identità e con la capacità di riconoscere la società italiana per come si propone anche nella vasta area democratica, ovvero quello che amiamo definire “il nostro elettorato”; ed in questa area si collocano a pieno titolo i nostri circoli; assumono quindi estrema importanza le regole del funzionamento del PD. Voglio subito dire che riflessioni di questo tipo non sono ne stucchevoli ne oziose; le questioni relative alle regole del gioco hanno a che vedere con l’atteggiamento che abbiamo quando cerchiamo di risolvere le questioni più vitali del nostro rapporto con la società italiana. Ecco allora che le considerazioni sull’esito che ha avuto il dibattito sullo statuto nazionale con la stesura attualmente disponibile è questione fondamentale per il PD. Preciso inoltre che queste riflessioni fanno riferimento alla versione attualmente presente sul sito nazionale del PD nella sezione “pdopen” (ore 17 del 2 giugno 2010) che vede, in testa, la dicitura “versione non corretta”.


Le primarie

Inizio dalla questione delle primarie; qui non voglio discutere del problema correttamente sollevato da Salvatore Vassallo,

ovvero di una proposta di modifica statutaria che mutava il meccanismo delle primarie ma che non si è avuto il coraggio di sostenere nella discussione. Detto per inciso, questo fatto andrebbe spiegato invece di nascondere un’opinione che avrebbe avuto, a mio avviso, piena legittimità per essere sostenuta nel dibattito.

Qui intendo riferirmi ad una richiesta che ho recepito, come estremamente diffusa nei nostri circoli, quando abbiamo tenuto le assemblee degli iscritti nel settembre del 2009. Io ho presentato la mozione Bersani in una decina di circoli della provincia di Treviso; in tutti i casi mi sono misurato con la necessità, espressa dagli iscritti, di una semplificazione del meccanismo di elezione del segretario nazionale e regionale e degli organismi dirigenti relativi; di fatto la stessa mozione che sostenevo si impegnava in quella direzione; è stata sostenuta dagli iscritti, in particolare, l’esigenza di eleggere direttamente i segretari e gli organismi dirigenti e di rinunciare, per quelli, alle primarie, semplificando così e riducendo ad una sola fase il congresso.

Cosa se ne ricava? Se ne ricava che gli iscritti vogliono essere pienamente padroni di eleggere il propri segretari e scegliere (loro) la linea del partito. Le norme che si leggono per il segretario nazionale e per quello regionale non sono cambiate con questa nuova versione dello statuto nazionale. Io credo che ci possano essere opinioni anche molto diverse sul tema; ma è possibile che su un tema così sentito dagli iscritti non si sviluppi un dibattito nazionale? Non è questo un metodo a dir poco controproducente? Sono convinto di avere fatto nel 2009 un congresso in terra patria, non su di un altro pianeta. A meno di non considerare la provincia di Treviso come aliena.

Solo una cosa nel merito di questa questione: se davvero si temeva che il segretario nazionale potesse non essere il candidato presidente del consiglio bastava l’introduzione del comma 8 dell’art.18 ora presente:

8. Qualora il Partito Democratico aderisca a primarie di coalizione per la carica di Presidente del Consiglio dei Ministri è ammessa, tra gli iscritti del Partito Democratico, la sola candidatura del Segretario nazionale.

Per il resto la questione andava almeno discussa dando ampia visibilità delle posizioni.

E’ successo anche qualcos’altro. Con uno statuto e le relative norme transitorie per i congressi di circolo e provinciali abbiamo la coesistenza di due sistemi:

1. Primarie per i segretari nazionale e regionale e relative assemblee;

2. Elezione da parte degli iscritti per circoli e strutture provinciali.

A chiunque può sorgere spontanea una domanda: perché due sistemi diversi?

La riflessione sulle primarie è un tentativo di ritrovare il senso perduto di uno strumento di straordinaria innovazione democratica. Insomma: quello che è successo in questi primi due anni e mezzo di vita del PD è che le primarie non sono state usate per definire le candidature di deputati e senatori, di parlamentari europei ed, in molti casi, di presidenti della regione. Ricordo che questa è la funzione fondamentale delle primarie. Si sono, al contrario, utilizzate per eleggere il segretario nazionale, quello regionale e le rispettive assemblee. In altre parole le abbiamo usate dove non le vogliono i nostri iscritti (e dove tutto sommato non servono) e non le abbiamo usate dove davvero servono, ovvero dove trovano la loro piena giustificazione: la selezione della classe politica per le candidature alle cariche istituzionali.

Per semplificare: piedi in aria e testa in giù; primarie per i segretari nazionali e regionale e non-primarie per deputati e senatori. In questo modo continueremo a deludere i nostri iscritti, da una parte, e gli elettori dall’altra, contribuendo a mantenere in piedi un sistema politico per la cui modifica, in fin dei conti, è nato il Partito Democratico.


Il finanziamento ai circoli

Una seconda riflessione sullo statuto riguarda il finanziamento dei circoli; ho sottoposto all’attenzione della commissione nazionale per lo statuto un emendamento portato e discusso nelle assemblee di circolo della provincia di Treviso durante il settembre 2009. Tale emendamento assegna il 20% delle risorse provenienti dal finanziamento pubblico ai circoli in ragione dei voti del PD su quel territorio.

Si propone l'aggiunta del comma 5 all'art 14:

"Il 20% di tutti i rimborsi elettorali spettanti al partito democratico per elezioni regionali, nazionali ed europee sono attribuiti ai circoli territoriali. Tali rimborsi sono distribuiti in ragione dei voti ottenuti dal Partito Democratico nella singola elezione nel comune o entità territoriale corrispondente a ciascun circolo."

La proposta tende a stabilire una base di finanziamento trasparente e paritaria secondo un criterio di uguaglianza fra i circoli territoriali; certamente non esaurisce le necessità di finanziamento dei circoli, i quali devono integrare le risorse soprattutto con l’autofinanziamento, il tesseramento e la ripartizione di risorse ad opera dei livelli regionale e provinciale, ma intanto stabilisce una regola uguale per tutti. Definirsi “partito federale”, come fa lo statuto in apertura, significa poi riconoscere pari dignità agli organismi, in questo caso territoriali. Pari dignità significa anche pari opportunità.

La norma non è stata accettata dalla commissione statuto con alcune curiose motivazioni; vale la pena di conoscerne almeno un paio. Si è detto, ad esempio, che i soldi che arrivano con la modifica dell’ART. 34 saranno davvero tanti e tanti in più rispetto a prima. Le norme contenute nell’ART. 34 semplicemente vanno ad acclarare quella che è, oggi con l’attuale tesoreria nazionale, una buona gestione delle risorse finanziarie. Oggi abbiamo una tesoreria nazionale che finanzia le organizzazioni provinciali (questa è la nostra esperienza a Treviso) mettendole, nel nostro caso, in condizioni almeno di avere un supporto amministrativo (e non è poco!). Ma attenzione: una cosa è una buona gestione delle risorse finanziarie esistenti (per quel che vedo considero ottima la gestione attuale non solo del nazionale ma anche del regionale e del provinciale) e cosa ben diversa è un principio di uguaglianza, base necessaria per un vero federalismo delle risorse finanziarie. In altre parole inserire l’emendamento proposto non contrasta ne con il nuovo ART. 34, che è ben fatto nella sua stesura attuale, e nemmeno con un principio di buona gestione delle risorse che, io credo, dovrebbe essere sempre garantito e non anteposto a trasparenti regole del gioco. In altri termini la versione attuale dell’ART.34 non collide con l’introduzione dell’emendamento proposto.

Diciamocela chiara: non si è voluto devolvere una parte del potere ai circoli.

La seconda obiezione mossa all’emendamento proposto è addirittura parossistica: Si dice che un meccanismo automatico di devoluzione di risorse ai circoli andrebbe a favorire “possibili abusi”. Volendo dirla in modo provocatorio: abbiamo una classe politica che non ha il coraggio di mettersi in discussione attuando le primarie dove servono, che dice di voler valorizzare i circoli, autentici bracci operativi sul territorio e che non ha il coraggio di affrontare un possibile rischio di abusi (ammesso che ci siano). Se davvero c’è il pericolo di abusi si diano gli strumenti gestionali adeguati (a partire dalla formazione) a segretari regionali e provinciali; si dia loro, cioè, la possibilità di essere (ciò che serve!) parte vitale di una spina dorsale che consolida nei territori il PD; non si rinunci a crescere come partito e come struttura interna solo per l’esistenza di un rischio. Lo si affronti con un passo avanti e non ripiegando.

Un’ultima considerazione: Risulta che nel testo votato all’unanimità dalla commissione statuto e poi portato in assemblea per l’approvazione siano stati introdotti in modo esplicito i circoli nella formulazione del comma 4 dell’art. 34; la parola è misteriosamente sparita dal testo attualmente pubblicato sul sito nazionale del PD:

4. Una quota non inferiore al 50% delle risorse trasferite alle Unioni regionali a titolo di rimborsi elettorali è ripartita tra le Unioni provinciali e/o territoriali sotto forma di trasferimenti e/o servizi secondo i criteri definiti dai Regolamenti finanziari regionali o, in assenza degli stessi, in proporzione al numero di elettori di ogni provincia.

Mi chiedo se i membri dell’assemblea nazionale sanno esattamente cosa hanno votato quando, il 22 maggio, sono state votate in blocco le modifiche statutarie.


Da dove ripartire

Se la dimensione dei problemi è quella che riconosciamo da questi fatti, molto significativi, allora è demandata all’azione del partito, a partire dal livello regionale, la possibilità di riprendere un rapporto con la nostra società. E l’occasione dei prossimi congressi territoriali è preziosa per questo scopo. E’ positivo ed importante che la presidenza dell’Assemblea nazionale abbia affidato alla discussione dei circoli i 6 documenti preliminari che sono stati la base dei lavori in commissione. L’invito è quindi alle segreterie provinciali perché diffondano nei circoli quei documenti e li valorizzino come base di discussione per il prossimo congresso. E’ importante che su quei temi (lavoro, giustizia, riforme, green economy, Europa, università e ricerca) si sviluppi la discussione; ma è altrettanto importante che questa discussione possa avere quei riflessi nazionali necessari per portare a “sintesi” le proposte del PD in considerazione del fatto che quei 6 documenti non delineano ancora in modo chiaro e netto il profilo riformista del partito (si pensi solo al tema del lavoro). Sono quindi una buona base di discussione per la quale oggi il partito ha bisogno del contributo degli iscritti. E’ quindi importante che, questa volta, gli iscritti possano contare.

E, per noi, diventa importante che la tensione sulle modifiche statutarie brevemente accennate in precedenza non venga meno: primarie e finanziamento delle attività sul territorio sono troppo importanti per essere trattate come semplici questioni da gestire in modo ordinario; necessitano di regole chiare e condivise con gli iscritti.

A tutte le questioni sopra ricordate voglio poi aggiungerne una che, al pari delle altre, deve diventare cifra caratteristica del Partito Democratico: la questione dei diritti civili. Oggi stiamo combattendo una battaglia di civiltà chiedendo in alcuni nostri comuni (Castelfranco è uno di questi, dove da qualche giorno abbiamo festeggiato il primo anno dalla costituzione dell’Associazione “Libera Scelta” alla quale partecipa anche il PD) l’istituzione del registro comunale del testamento biologico.

Per quel che riguarda i membri della nostra Direzione l’invito è a firmare il documento presentato da Cristiano Samueli l’8 gennaio 2010.

Altra questione su cui impostare un lavoro con le segreterie provinciali è lo sviluppo delle relazioni dei nostri circoli con l’associazionismo. Come esempio cito la mia esperienza: a Castelfranco abbiamo un’associazione creata un anno e mezzo fa

che ci ha permesso di entrare in contatto con il vasto mondo dell’associazionismo e degli organismi di coordinamento, anche nella condivisione di progetti. Quella esperienza poggia sul contributo della fondazione Treviso 2000. Ne approfitto per dire che, nel recente passato, ho sentito, da parte di alcuni esponenti del PD Veneto, critiche che mi sono apparse pretestuose ed infondate sul ruolo di queste fondazioni nel Veneto ma poi, a seguire, un “silenzio assordante”. Io conosco solo la situazione del trevigiano. Vorrei che se ne discutesse e che si cercasse di fare il punto, come direzione regionale, su qual è lo stato dei rapporti fra le fondazioni “ex DS” ed il PD. Se possono essere risorse da utilizzare in modo fattivo e sistematico vale la pena di lavorarci.


Conclusioni

Con l’auspicio di un lavoro serio sul nostro territorio concludo queste brevi riflessioni; la sfida che abbiamo di fronte è duplice: da una parte dobbiamo consolidarci come partito per ottenere un lavoro sintonico nelle istituzioni e sul territorio (circoli) e dall’altra recuperare (proprio con quello) una credibilità che oggi è messa pericolosamente in crisi dallo scarso coraggio, dalle esitazioni, dai personalismi. Cominciamo dal Veneto.


Giuseppe Esposito - Direzione regionale del PD Veneto


Padova 2 giugno 2010

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