sabato 18 settembre 2010

Verso Nord

“Verso Nord” - Una significativa occasione di riflessione sul nostro futuro

Direzione regionale Pd Veneto del 18 settembre 2010. Intervento di Giuseppe Esposito


Il manifesto politico del movimento “Verso Nord” pubblicato il 19 luglio scorso rappresenta un'occasione importante di riflessione sul futuro del campo del centrosinistra. In questa breve nota si afferma la necessità di questa riflessione al fine di impostare una ridefinizione del modo di essere del Partito democratico (o sua rifondazione) a partire dal Veneto.


Perchè riflettere sul manifesto politico del movimento “Verso Nord”.

Il manifesto politico del movimento è costruito su di una base ideale e programmatica che ha rappresentato la punta più avanzata della elaborazione politica dell'inizio del decennio 2.000; si è trattato di un pensiero, il pensiero del socialismo liberale e la conseguente auspicata prassi riformista (mi permetto di definirlo senza l'autorizzazione degli autori) che, spesso isolato rispetto a larga parte di politici ed intellettuali, ha tentato l'emancipazione culturale del centrosinistra in Italia fino a determinare gli stessi presupposti del Pd. Esempio significativo sul piano nazionale è stata l’associazione “Libertà Eguale”, fondata da Turci, Salvati, Morando, che ho seguito fin dall’inizio del decennio; oppure sul piano locale l’esperienza fatta qui in provincia di Treviso fra il 2003 ed il 2005 dove, con molti amici oggi presenti nel Pd, abbiamo dato vita al “Circolo riformista trevigiano”.

Insomma l’elaborazione politico-culturale di quel manifesto è la nostra elaborazione ed è parte del Pd. Al di la di alcune approssimazioni ed inesattezze contenute nel manifesto (non è questa la sede per una disamina puntuale del testo) vedo una seria opportunità in un confronto chiaro ed aperto con gli amici di “Verso Nord” (sia quelli del Pd che gli altri). Credo, anzi, che questo confronto sia esso stesso una necessità per il Pd ed è un bene che si faccia nel Veneto ed a partire dal Veneto e cercherò di spiegare il perché in questo breve intervento.


Un errore di fondo

Nella proposta politica che discende dall’analisi di “Verso Nord” vi è un errore di fondo legato, a sua volta, ad un errore di analisi. Si cerca di dimostrare, in sostanza, che la necessità di un “terzo polo” discende dalla volontà di modernizzare l’Italia, azione a sua volta resa impossibile dal bipolarismo italico. Se la mancata modernizzazione dell’Italia (contro cui trova la sua principale ragion d’essere il Pd) fosse davvero dovuta ad un limite del sistema politico (bipolare Vs tripolare) sarebbe davvero facile risolvere il problema. Purtroppo non è di ingegneria politico-istituzionale che si tratta. I motivi profondi di arretratezza del nostro Paese (…”un Paese fermo”…) non sono dovuti alla “forma” del sistema politico ma alla sua “sostanza”. Cioè all’incapacità della politica (dei partiti e della prassi dei partiti) di interagire con una società complessa, definita anche “pulviscolare” e che tuttavia ha significativi segmenti che si fanno rappresentare da quelli che, con gergo tecnico, si definivano “corpi intermedi” (associazioni, sindacati, organizzazioni territoriali, …). Detto in altri termini il corporativismo della nostra società andrebbe a condizionare qualunque sistema politico bipolare o tribolare; inoltre il problema della rappresentanza politica di questa fetta di società nasce quando la prassi dei soggetti politici non li porta ad interagire con la realtà complessa che la società esprime ed infine a rendersene interpreti e rappresentanti.


Un deficit strutturale di consenso

La porzione di società che, oggi, il Pd non riesce a rappresentare compiutamente nel senso sopra detto è la somma dei lavoratori indipendenti, dei loro familiari, dei soci, degli apprendisti, dei professionisti. Una massa di elettori che condiziona in modo determinante l’esito elettorale e la cui importanza è contemplata dallo stesso impianto analitico del Pd (“partito a vocazione maggioritaria”…). Si capisce quindi perché è necessario partire dal nord ed in particolare dal Veneto: è qui che quella società è insediata.

Quindi di fronte ad un deficit strutturale di consenso del Pd è necessario stabilire (partendo dai fondamentali per dirla con Cacciari) cosa davvero non ha funzionato.

Ebbene, ciò che non ha funzionato nel dispiegarsi del progetto politico del Pd e che rischia di rendere del tutto inutile anche l’eventuale sviluppo del progetto politico di “Verso Nord” è dato da una serie di mancanze dello strumento politico ma soprattutto dalla sostanziale assenza di consapevolezza di questo stato di cose.

Significativo esempio di tale scarsa consapevolezza si trova nel primo comma del manifesto di V.N.: mentre è sostanzialmente vera l’affermazione secondo cui “…la rivoluzione liberale promessa da Berlusconi cede il passo al populismo e al localismo leghista” non è affatto vero che “…il progetto riformista del partito democratico si dimostra incapace di uscire dall’antico grembo della socialdemocrazia”. Per dirla con una battuta: magari! I veri socialdemocratici (europei) erano veri riformisti; no davvero! Il problema è un altro.


La mancanza di una vera cultura politica

L’errore che io vedo nella proposta di sviluppo di un “terzo polo” sta nell’idea di costruire un contenitore senza avere risolto un ventennale problema: quello del contenuto. Infatti il centrosinistra, a partire dal 1989, ha rincorso la società italiana generando nel tempo sempre nuovi contenitori senza una definizione chiara e coraggiosa del contenuto. Inizialmente lo ha fatto per vie parallele (ex dc ed ex pci hanno seguito le loro rispettive evoluzioni) e successivamente lo ha fatto con l’avvento del Pd, dove permane lo stesso deficit che ha un nome ed un cognome: cultura politica.

La cultura politica di un partito è l’insieme dei suoi obiettivi politici e programmatici, la sua visione della società, la prassi del partito, la formazione dei suoi dirigenti, il come concepisce la funzione intellettuale, delle competenze e del sapere; il come tali competenze e le altre funzioni sono organizzate al fine del raggiungimento degli obiettivi che il partito si pone.

Questo deficit c’è fin dall’inizio di questo ultimo ventennio e non è mai stato colmato, di contenitore in contenitore.

Per dirla in breve l’errore che si presenta all’orizzonte anche con “Verso Nord” è del tutto simile a quello che gli splendidi 40-enni dell’89 (quelli delle botteghe oscure ed i loro epigoni) hanno compiuto a partire dalla fine del pci e perpetrato nel ventennio, accompagnati dagli ex dc, fino ad arrivare al Partito democratico.


Che si può fare?

Se si condivide l’analisi su esposta, che potrà forse apparire persino spietata, occorre fare due cose: fermarsi e ragionare. A nulla serve l’agitazione delle componenti che discettano della forma del contenitore se poi il tutto è finalizzato ad uno sterile confronto sulle forme della politica. A nulla serve l’impegno anche nobile di alcuni intellettuali se è finalizzato alla costruzione dell’ennesimo contenitore che, però, non cambia il contenuto. Ecco, allora, l’importanza di ripartire dal Veneto e dall’assoluta necessità di costruire, con la necessaria consapevolezza, quel Pd che serve al Veneto cioè che è in grado di rappresentarlo e di rappresentare i “produttori di reddito”.

Occorre un duro e lungo lavoro; non servono i cortocircuiti: a cosa è servito, ad esempio, portare in parlamento Colaninno e Calearo creando così l’illusione di un rapporto con i ceti produttivi? Se siamo scesi di circa 10 punti percentuali dal 2005 al 2010 nelle votazioni regionali in Veneto vuol dire che non è servito a molto; cioè i nodi di quel rapporto non sono stati sciolti attraverso facili rappresentazioni mediatiche.

Qui non dirò, anche per mancanza di tempo, quelle che io credo siano le soluzioni per giungere al nuovo Pd. Proverò a dare solo dei flash: Credo che tali soluzioni debbano passare per un rapporto con il ceto della produzione diffusa basato sulla competenza e conoscenza delle problematiche (anche) giornaliere, superando la vaghezza delle proposte ed il diffuso genericismo; credo che una diversa organizzazione del partito (un diverso approccio politico ed organizzativo) debba valorizzare l’insediamento territoriale del Pd, senza il quale il precedente obiettivo è irraggiungibile. La stessa nostra proposta del 20% dei rimborsi elettorali ai circoli, proposta bocciata dall’assemblea nazionale e che dobbiamo sforzarci di mantenere in campo, trova la sua ragione d’essere in questo schema di diverso approccio politico ed organizzativo. Credo infine che vada definito un ruolo per le competenze (tecnici ed intellettuali) senza i quali non è possibile leggere i caratteri e l’evoluzione di una società tanto complessa.

Insomma vasto è il campo delle azioni da mettere in campo ma prima di tutto, ed è quello che propongo, serve un seminario di almeno una mezza giornata che ci aiuti a raggiungere la piena consapevolezza della situazione, per la cui organizzazione mi impegno a partecipare, nel quale, insieme agli amici di “Verso Nord” (del Pd e non; ovvero i firmatari del manifesto) ed insieme alla nostra direzione regionale si fissino le idee sullo strumento politico da costruire, sui suoi fondamentali ovvero sul come costruire la cultura politica oggi carente in campo democratico. Questo lavoro è necessario, a noi, per intraprendere con determinazione ed autorevolezza un cammino di sostanziale rifondazione del Pd a partire dal nostro Veneto.

Giuseppe Esposito


Bibliografia:

E’ sempre difficile definire una bibliografia esaustiva quando si evocano situazioni che abbracciano l’arco di tempo di un ventennio. Ho provato a farlo riducendola al minimo:

- Verso Nord – Un’Italia più vicina all’Europa autori vari; può essere reperito al sito: http://www.versonord.eu/blog/ luglio 2010

- Salvatore Biasco - Per una sinistra pensante, 2009, Marsilio

- Gianfranco Pasquino, Critica della sinistra italiana, 2001, Laterza

- Nicola Rossi - Riformisti per forza. La Sinistra italiana tra il 1996 e il 2006, 2002, Il Mulino

- Luca Telese - Qualcuno era comunista, 2009, ed Sperling e Kupfer

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