Cambio della legge, intercettazioni pubblicabili se rilevanti. Maran: "Rinvio? Vedremo, il testo è da riscrivere completamente". Il Pd contesta Caliendo: "E' coinvolto nell'inchiesta P3, non può seguire l'iter della legge"
La retromarcia sulle intercettazioni passa da un emendamento del governo di fine luglio. Così se Berlusconi alla stampa promette di lasciar tutto com'è, poi nero su bianco il testo cambia.
Modifiche che non convincono il PD, tanto che Alessandro Maran, vicepresidente dei deputati del PD, rispondendo alle domande dei giornalisti a Montecitorio dice: "Rinvio? Vedremo, il testo è da riscrivere completamente, non voteremo mai una legge che impedisce le indagini e limita l'informazione".
Il testo presentato oggi modifica il divieto di pubblicazione delle intercettazioni sino alla conclusione delle indagini preliminari, il che era previsto dalla parte del testo del ddl già approvata sia alla Camera che al Senato. In pratica si istituisce il meccanismo della cosiddetta udienza filtro con la quale il gip di intesa con l'accusa e la difesa deciderà le parti pubblicabili delle intercettazioni e quelle che invece vengono secretate. Questo significa che le intercettazioni saranno coperte da segreto fino alla conclusione di quest'ultima. Ma la proposta di modifica dell'esecutivo non fissa alcun termine entro il quale debba essere celebrata tale udienza, termine invece richiesto dagli emendamenti del Pd.
La proposta di modifica comporterà molto probabilmente lo slittamento dell'esame del provvedimento a domani: sarà necessario, infatti, dare tempo ai gruppi di presentare sub emendamenti.
Spiega Maran: "La maggioranza ci sta pensando, sta cercando di trovare un'intesa al proprio interno e dunque, arriveremo a un rinvio della discussione del provvedimento? Vedremo, intanto riscriva completamente il testo partendo dalle nostre proposte. Per noi questa legge sulle intercettazioni è sbagliata e siamo convinti che il Parlamento abbia cose ben più importanti da discutere dei problemi di Berlusconi. Noi, - continua - non voteremo mai un provvedimento che limita la possibilità di indagine e lede il diritto dei cittadini ad essere informati, ma cercheremo di limitare il danno e per questo abbiamo presentato 400 emendamenti. Su sette di questi chiediamo la convergenza di chi proclama, fin qui senza fatti, di avere a cuore la legalità e la libertà di stampa. La maggioranza è in confusione totale, vedremo quel che faranno".
Certo ci sono dei passi indietro rispetto al divieto assoluto ma è una mezza via che "non risolve il problema, è un compromesso di cui dobbiamo valutare l'impatto" commenta il capogruppo Pd nella commissione Giustizia di Montecitorio, Donatella Ferranti. Che giudica "inopportuno" che a seguire l'iter per conto del governo sia Caliendo, dopo il suo coinvolgimento nelle inchieste sulla cosiddetta «P3».
Già il 17 luglio la Ferranti annunciava: "Il Pd ha presentato una mozione per chiedere le dimissioni di Caliendo, della quale il presidente Franceschini ha chiesto una urgente calendarizzazione. È ipocrita accusare di giustizialismo, come fa Bondi, chi ha la fermezza di richiamare al rispetto dell'etica pubblica coloro che occupano cariche di governo".
Anche Nico Stumpo, responsabile Organizzazione della segreteria del Pd ha dato un giudizio simile: "Al di là della vicenda giudiziaria e a prescindere dalla valutazione sulla pericolosità della cosiddetta P3, il tema che emerge con sufficiente chiarezza è quello della responsabilità politica, meglio dell’irresponsabilità di chi non avverte l’incompatibilità tra alcune condotte e l’ufficio pubblico svolto. Non serve attendere la Cassazione o lo sviluppo dell’indagine su questa vicenda per stabilire che chi sta al vertice del ministero di Grazia e Giustizia non può andare in compagnia del capo degli ispettori ministeriali a trafficare con noti pregiudicati come il signor Flavio Carboni, già tristemente noto alle cronache giudiziarie del Paese. È per questo che il Pd ha già chiesto le dimissioni del sottosegretario Caliendo, che speriamo giungano quanto prima".
Modifiche che non convincono il PD, tanto che Alessandro Maran, vicepresidente dei deputati del PD, rispondendo alle domande dei giornalisti a Montecitorio dice: "Rinvio? Vedremo, il testo è da riscrivere completamente, non voteremo mai una legge che impedisce le indagini e limita l'informazione".
Il testo presentato oggi modifica il divieto di pubblicazione delle intercettazioni sino alla conclusione delle indagini preliminari, il che era previsto dalla parte del testo del ddl già approvata sia alla Camera che al Senato. In pratica si istituisce il meccanismo della cosiddetta udienza filtro con la quale il gip di intesa con l'accusa e la difesa deciderà le parti pubblicabili delle intercettazioni e quelle che invece vengono secretate. Questo significa che le intercettazioni saranno coperte da segreto fino alla conclusione di quest'ultima. Ma la proposta di modifica dell'esecutivo non fissa alcun termine entro il quale debba essere celebrata tale udienza, termine invece richiesto dagli emendamenti del Pd.
La proposta di modifica comporterà molto probabilmente lo slittamento dell'esame del provvedimento a domani: sarà necessario, infatti, dare tempo ai gruppi di presentare sub emendamenti.
Spiega Maran: "La maggioranza ci sta pensando, sta cercando di trovare un'intesa al proprio interno e dunque, arriveremo a un rinvio della discussione del provvedimento? Vedremo, intanto riscriva completamente il testo partendo dalle nostre proposte. Per noi questa legge sulle intercettazioni è sbagliata e siamo convinti che il Parlamento abbia cose ben più importanti da discutere dei problemi di Berlusconi. Noi, - continua - non voteremo mai un provvedimento che limita la possibilità di indagine e lede il diritto dei cittadini ad essere informati, ma cercheremo di limitare il danno e per questo abbiamo presentato 400 emendamenti. Su sette di questi chiediamo la convergenza di chi proclama, fin qui senza fatti, di avere a cuore la legalità e la libertà di stampa. La maggioranza è in confusione totale, vedremo quel che faranno".
Certo ci sono dei passi indietro rispetto al divieto assoluto ma è una mezza via che "non risolve il problema, è un compromesso di cui dobbiamo valutare l'impatto" commenta il capogruppo Pd nella commissione Giustizia di Montecitorio, Donatella Ferranti. Che giudica "inopportuno" che a seguire l'iter per conto del governo sia Caliendo, dopo il suo coinvolgimento nelle inchieste sulla cosiddetta «P3».
Già il 17 luglio la Ferranti annunciava: "Il Pd ha presentato una mozione per chiedere le dimissioni di Caliendo, della quale il presidente Franceschini ha chiesto una urgente calendarizzazione. È ipocrita accusare di giustizialismo, come fa Bondi, chi ha la fermezza di richiamare al rispetto dell'etica pubblica coloro che occupano cariche di governo".
Anche Nico Stumpo, responsabile Organizzazione della segreteria del Pd ha dato un giudizio simile: "Al di là della vicenda giudiziaria e a prescindere dalla valutazione sulla pericolosità della cosiddetta P3, il tema che emerge con sufficiente chiarezza è quello della responsabilità politica, meglio dell’irresponsabilità di chi non avverte l’incompatibilità tra alcune condotte e l’ufficio pubblico svolto. Non serve attendere la Cassazione o lo sviluppo dell’indagine su questa vicenda per stabilire che chi sta al vertice del ministero di Grazia e Giustizia non può andare in compagnia del capo degli ispettori ministeriali a trafficare con noti pregiudicati come il signor Flavio Carboni, già tristemente noto alle cronache giudiziarie del Paese. È per questo che il Pd ha già chiesto le dimissioni del sottosegretario Caliendo, che speriamo giungano quanto prima".
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